lunedì 21 marzo 2016

Il piacere di dire "sto bene"

Da qualche tempo sto facendo una piccolissima, minuscola, mia personale ricerca antropologica.
Quando porto mia figlia all'asilo, faccio fatica a non restare disturbata di fronte ai musi lunghi di tanti genitori. Da bambina mi hanno insegnato a salutare sempre, quindi la mattina mi capita di sorridere alle altre persone che incontro nel cortile della scuola. Il più delle volte, non ricambiano il sorriso e alcune si girano dall'altra parte.
Voi direte: "E questo che c'entra con lo stare bene?"

Ora ci arrivo, quelle poche persone che oltre a ricambiare il sorriso, magari si fermano a parlare (ma questo non solo nella scuola, in generale riguarda anche conoscenti e amici), alla domanda: "come stai/come va" rispondono:

  1. Bene, però... (e giù una lista di acciacchi o pseudo-problemi)
  2. Tiriamo avanti 
  3. Potrebbe andar meglio
  4. Non mi lamento
Analizzandole, nessuna di queste presuppone uno "sto bene". Non che voglia arrogarmi il diritto di decidere della vita altrui, per carità, se hai mal di schiena lo capisco! Ma dal mio punto di vista:

  • eliminare quel però
  • vedere effettivamente ciò che si ha oggi senza aspettare che vada meglio domani, 
  • "non lamentarsi" ma accettare serenamente quanto si ha
fa sì che la vita prenda un po' di colore, in fondo essa assume l'aspetto che noi vogliamo darle. Se la tingiamo di tinte fosche non potrà che essere deludente. 

Questo fenomeno può essere dovuto a due cose:
  1. davvero non sto bene, non mi basta quello che ho 
  2. (almeno qui da noi, nel cuore delle Marche) si ha paura dell'invidia (cioè:"non ti dico che sto bene o che sono felice perché se no tu invidioso vedrai che mi rovini la vita)

Io faccio del mio meglio per dire va tutto bene -ogni tanto anche io ho un "però" da sollevare, eh- Sono felice di quello che ho: una vita normale, viviamo in tre con un solo stipendio, ho un mutuo, un prestito un marito, una figlia e un cane.
Tutto questo mi basta per svegliarmi tutte le mattine con un sorriso sulle labbra.

Fateci caso, la prossima volta che salutate una persona e vi fermate a chiederle come sta. La risposta potrebbe rientrare in una delle quattro elencate.

Magari, fatemi sapere il risultato della vostra "ricerca".

sabato 19 marzo 2016

Ma quando lo fate il secondo?

Questa domanda sarà capitato di ascoltarla un po' a tutti nella vita. Io me lo sento dire pressoché ogni giorno, da gente che conosco, da gente che non conosco e da gente che non avrei nemmeno immaginato. Il primo impulso, soprattutto quando non conosco le persone, sarebbe quello di rispondere seccamente con "non sono mica fatti suoi!", ma l'educazione che mi è stata impartita me lo vieta fermamente. Così mi limito a dire "non ci sarà nessun secondo figlio". A questo punto le reazioni sono le più varie, si passa da "siete proprio egoisti a lasciarla sola" a dei "vabbè, ma è presto per dirlo. Vedrai che cambierai sicuramente idea!".
Non sono una persona che si fa condizionare molto dai giudizi delle persone, però questo è uno di quelli che mi tocca di più. In generale, mi dispiaccio della poca sensibilità della gente nei confronti di una famiglia (non necessariamente la mia, quella di qualunque giovane genitore), che sicuramente fa dei sacrifici fisici, mentali, economici, di tempo. Il mio interlocutore non sa e non saprà mai quali sono le motivazioni, le  paure e le ferite che hanno portato me e mio marito a fare una scelta del genere.
Non credo però che un fratello/sorella sia sempre lì a salvarti la vita o a darti una mano. Fortunatamente esistono le relazioni sociali che sono spesso indipendenti da quelle familiari. Capita spesso di poter contare più facilmente su un amico che su un fratello (o sorella che dir si voglia), capita altrettanto spesso di dover risolvere i propri problemi da soli, senza che nessuno ne sia a conoscenza. Essere figli unici non è una condanna a morte. Così come non lo è avere dei fratelli. Sono scelte personali e ragionate.
Non tutti sono fatti per avere dei bambini. Io, vuoi perché sono lamentosa, vuoi perché i sacrifici (quelli veri) li ho fatti e  ne ho fatti tanti durante la mia infanzia e la mia adolescenza, ritengo che una figlia sia sufficiente e sufficientemente stancante e sono terrorizzata dal non poterle dare il giusto sostentamento.
Risposte alle domande più comuni:


  • Sono egoista perché non voglio privare mia figlia di un viaggio all'anno e di uno sport? Bene, ci sto, ma lasciamo che sia lei a dirmelo. 
  • Cambierò sicuramente idea? Mi fa piacere che il mio interlocutore sappia quello che penso prima di me.
  • Me ne pentirò? Può essere, ma sarò io a fare i conti con la mia coscienza.Non so cosa mi perdo? Certo, ne sono consapevole. Ma so perfettamente quello che NON perdo.
  • Andrò all'inferno perché non compio la volontà di Dio? Beh, i tempi in cui si ricamava sulla camicia da notte "no lo fo per piacer mio, ma per dare figli a Dio" sono fortunatamente andati. Dio sa benissimo il motivo delle mie scelte... anzi, lo sapeva da prima che venissi al mondo (è onnisciente e misericordioso, no?). In ogni caso, questa è sicuramente la domanda che mi preoccupa di meno! Eheh
  • Avrò una figlia viziata? Questo dipende da me e sono certa che così non sarà, visto che a soli 3 anni si è guadagnata ogni suo traguardo e ogni nostra concessione.Se anche fosse, sarò io a dover vivere con lei ogni giorno.


Quindi non vedo perché, visto che in ogni caso sarò IO a pagare le conseguenze delle mie scelte, qualcuno (chicchessia) debba mettere bocca nelle mie scelte personali e nelle mie decisioni.
L'unica che potrà muovermi critiche e obiezioni sarà soltanto mia figlia. E a lei sì che dovrò spiegazioni. Ogni spiegazione che vorrà. Perché io non sono la mamma del "perché sì", forse proprio perché ho una figlia sola e tanto tempo per spiegarle ogni cosa.

Vi lascio un articolo uscito qualche tempo fa su "La repubblica" che ho letto davvero con molto piacere!

P.S. per me stessa,
vedi di ricordarti queste cose quando sarai anziana (o più grande ;) ) e sentirai l'irrefrenabile bisogno di immischiarti nella vita altrui!

giovedì 17 marzo 2016

Camillo, il coniglio che mi ha salvato la vita

Prima di imbattermi in Camillo, la mia vita notturna era piuttosto movimentata. Continui andirivieni dalla mia camera a quella di mia figlia hanno fatto sì che da quando è nata fino a qualche tempo fa il mio sonno non si poteva nemmeno più dire tale 8parliao di un lasso di tempo di 3 anni!). Più che altro facevo frequenti riposini.
Questo ha chiaramente generato una stanchezza che solo altre mamme che vivono questa situazione possono capire (ho omesso volontariamente i papà dato che, per la mia esperienza, nessun papà si accorge della vita notturna dei figli... fino a una certa età ;) ).
Poi ho letto questo titolo: "Il coniglio che voleva addormentarsi" e ho curiosato un po' in rete per vedere alcune recensioni che mi hanno convinta a comprare il libro.
Poiché nel web ce ne sono già parecchie, io mi limiterò a riportare la mia esperienza (totalmente positiva).
Appena si apre il libro si legge:
"Attenzione! Non leggete mai a voce alta questo libro in presenza di persone alla guida di un'auto o di un altro mezzo"e, in seguito, le istruzioni per il lettore.
Proprio così, un libro con le istruzioni su come leggerlo... se siete curiosi potete trovarle al seguente link.
Poiché avevo letto che al suo interno vi sono vari messaggi subliminali ho preferito prima leggerlo io. Non si sa mai... È ovviamente un libro innocuo che crea un generale rilassamento, anche io dopo averlo letto sento allentare la tensione e sono decisamente e desiderosa di un letto!

I messaggi contenuti al suo interno sono tutti messaggi positivi, che instaurano nel bambino fiducia in se stesso.
Tutte queste cose servono ad aiutare te, [nome], ma non Camillo il Coniglio, che decide di fare qualcosa per rimediare. Papà Coniglio dorme; ma Mamma Coniglia è ancora sveglia, e così Camillo va a parlare con lei, che consiglia a lui, e anche a te, di prendere tutti i pensieri che girano e girano nella testa e metterli in una scatola di fianco al letto. «Domani mattina ti sveglierai pieno di energia e avrai la risposta a tutti i tuoi pensieri, ma ora dormi» dice Mamma Coniglia con voce sicura, a lui e a te. «A volte ci vuole un po’ di più, ma si trova sempre una risposta ai pensieri che si mettono nella scatola» aggiunge.Tu e Camillo lo fate, adesso. È bellissimo mettere nella scatola i pensieri e rilassarsi con la mente libera, per essere pronti a dormire.
L'autore usa pochissime negazioni, solo dove necessario e i nomi stessi dei personaggi mettono sonno:
il signor Chicciolone che spiega al nostro giovane protagonista che bisogna rallentare nella vita
«Tu come fai quando vuoi dormire?» chiede Camillo. Il signor Chiocciolone risponde che il segreto è rallentare il ritmo e fare tutto senza fretta. Andare piano, pianissimo, muoversi piano pianissimo [...]
la signora Civetta che insegna a Camillo a rilassare ogni parte del corpo (con toni pittosto perentori, in questo caso):
«È importante che tu faccia quello che ti dico, che ti lasci andare e basta» 
e il mago sbadiglio che usa la potente polverina fatata invisibile per far addormentare conigli e bambini:
Il Mago Sbadiglio tira fuori il suo librone che contiene un sacco di formule magiche capaci di far addormentare conigli ed essere umani, di farli sentire allegri, buoni, amati e sicuri di andare bene esattamente come sono «Proprio come puoi essere, sei e sarai tu»
Penelope, di norma, non arriva nemmeno a metà del libro che crolla in un sonno profondo.
La prima volta che glielo ho letto, ha fatto subito effetto: la notte si è svegliata una volta soltanto... Se il libro si fosse limitato a questo per me sarebbe già stato un successone, ma già dalla seconda volta la mia bambina sonnambula ha dormito una notte intera senza nemmeno svegliarsi per fare la pipì. La mattina dopo quando ho realizzato cosa fosse successo  mi veniva quasi da piangere tanta era la felicità. Una notte intera di sonno, e chi se lo ricordava più cosa si prova a dormire senza interruzioni.
Inoltre ho notato che dopo due mesi di letture incessanti, ho potuto smettere di leggere Camillo (che ormai conosciamo a memoria). Diciamo che il suo effetto, nella mia bambina, dura circa 3 settimane; quando ricomincia a svegliarsi presto la mattina oppure durante la notte, è sufficiente leggerlo per una sera e il gioco è fatto.
Ormai non lo leggiamo nemmeno più, ma per sicurezza è sempre a portata di mano.
Tuttavia, il libro non funziona con bambini troppo piccoli, quindi per un po' bisogna stringere i denti.
A conti fatti è stato uno dei migliori acquisti della mia vita (e non esagero)!